Recensione: “Le stanze buie” di Francesca Diotallevi

Ho lasciato trascorrere qualche giorno prima di buttar giù questa recensione perché la storia di Francesca Diotallevi è una di quelle storie che va assorbita e gustata. La storia racchiusa in “Le stanze buie“,  romanzo d’esordio della giovane autrice, è una storia che va custodita.

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Torino 1864. Un impeccabile maggiordomo di città viene catapultato nelle Langhe: per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, dovrà occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores. Il protagonista si scontra così con il mondo provinciale, completamente diverso da quello dorato e sfavillante dell’alta società torinese, e con le abitudini dei nuovi padroni e dei loro dipendenti. Nella casa ci sono un conte burbero, una donna eccentrica e anti-conformista, ma anche sola e infelice, un cameriere dalla doppia faccia e una vecchia che sa molte cose, ma soprattutto c’è una stanza chiusa da anni nella quale non si può assolutamente entrare. A partire da questo e da altri misteri il maggiordomo si troverà, suo malgrado, a scavare nel passato della famiglia per scoprire segreti inconfessati celati da molto tempo e destinati a cambiare per sempre la sua vita.

Recensione “Le stanze buie” di Francesca Diotallevi

“Torino 1864”, queste due paroline all’inizio della trama sarebbero state sufficienti, fino a poche settimane fa, per scartare a priori il romanzo “Le stanze buie” perché devo ammettere che non ho mai potuto sopportare le storie ambientante nel passato. Non fa per me, era questa la giustificazione che trovavo per questa mia avversione ma forse, il motivo reale che mi ha sempre tenuto alla larga da queste storie è che non avevo ancora trovato quella giusta. Ora invece, dopo aver concluso questo romanzo, mi sembra ancora di essere lì, nell’epoca dei colori un pò sbiaditi (come piace definirla a me), mi sembra ancora di sentire il fruscio delle lunghe gonne vaporose e merlettate, mi sembra di sentire il calore del camino scoppiettante, mi sembra di dover sforzare gli occhi per terminare il lavoro di cucito alla fievole luce di una candela…
Questa è l’atmosfera creata da Francesca Diotallevi nel suo romanzo d’esordio “Le stanze buie”.
Una storia ambientata a Torino in una nobile e lussuosa tenuta in cui Vittorio Fubini si ritrova a fare i conti con un padrone scontroso e intrattabile. Fubini, protagonista molto carismatico del romanzo, è un maggiordomo che eredita da un lontano zio il posto di lavoro nella dimora dei conti Flores. Una dimora antica, grande e rumorosa dove molto spesso le ombre vengono confuse con qualcosa di spaventoso e dove i segreti vengono tenuti nascosti dietro porte chiuse a chiave.
E’ Fubini a dover fare i conti con tutto ciò, lui che è scettico per natura e assolutamente rigoroso nel lavoro, si ritrova faccia a faccia con presenze che non possono e non vogliono essere dimenticate ma soprattutto si ritrova faccia a faccia con i suoi sentimenti e con un passato che fino a quel momento gli era stato tenuto nascosto.
Una chiave ereditata, una porta sempre chiusa, una stanza buia, il fantasma di una donna vestita di bianco, una domestica misteriosa… ma soprattutto una padrona di casa anticonformista, determinata e carismatica, Lucilla. Una donna ricca e apparentemente soddisfatta ma anche una donna infelice, imprigionata in un matrimonio senza sentimenti al fianco di un uomo possessivo ed incontrollabile.
Tante personalità forti tra i protagonisti di questo romanzo, tutte ben delineate e difficili da ignorare, ogni personaggio di Francesca Diotallevi si imprime nel lettore con una naturalezza tale da non riuscire più a farne a meno. Impossibile infatti staccarsi dal romanzo una volta iniziato, i personaggi e lo stile dell’autrice ti entrano nell’anima e ti travolgono in un vortice di emozioni che è davvero difficile descrivere. “Le stanze buie” è uno di quei romanzi che mescola con naturalezza vari generi letterari: il thriller per ammaliare, il romance per emozionare, saga familiare per coinvolgere e paranormal per lasciare il lettore con il fiato sospeso. Un romanzo che  rileggeresti anche appena averlo terminato per riuscire a gustare anche i più piccoli particolari di questa storia che, come vi ho scritto all’inizio, merita di essere gustata e custodita gelosamente nel cuore!

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