Recensione “Niente” di Janne Teller

Trama “Niente” di Janne Teller

“Se niente ha senso, è meglio non far niente piuttosto che qualcosa” dichiara un giorno Pierre Anthon, tredici anni. Poi, come il barone rampante, sale su un albero vicino alla scuola. Per dimostrargli che sta sbagliando, i suoi compagni decidono di raccogliere cose che abbiano un significato. All’inizio si tratta di oggetti innocenti: una canna da pesca, un pallone, un paio di sandali, ma presto si fanno prendere la mano, si sfidano, si spingono più in là. Al sacrificio di un adorato criceto seguono un taglio di capelli, un certificato di adozione, la bara di un bambino, l’indice di una mano che suonava la chitarra come i Beatles. Richieste sempre più angosciose, rese vincolanti dalla legge del gruppo. È ancora la ricerca del senso della vita? O è una vendetta per aver dovuto sacrificare qualcosa a cui si teneva davvero? Abbandonati a se stessi, nella totale inesistenza degli adulti e delle loro leggi, gli adolescenti si trascinano a vicenda in un’escalation d’orrore. E quando i media si accorgono del caso, mettendo sottosopra la cittadina, il progetto precipita verso la sua fatale conclusione. Il romanzo mette in scena follia e fanatismo, perversione e fragilità, paura e speranza. Ma soprattutto sfida il lettore adulto a ritrovare in sé l’innocente crudeltà dell’adolescenza, fatta di assenza di compromessi, coraggio provocatorio e commovente brutalità.

Recensione “Niente” di Janne Teller

Credo sia una delle volte in cui mi trovo più in difficoltà nel parlare di un libro. “Niente” è il titolo del libro in questione, niente sembra avere senso per i giovani protagonisti che ne popolano le pagine, niente riesco a dire per spiegarvi la potenza e la crudeltà psicologica di questo romanzo.

Non è un libro facile da descrivere, né da leggere. Ne ero però consapevole quando ho deciso di avventurarmici. “Niente” è infatti stato sotto il mirino nel lontano 2000 quando è stato oggetto di censure in diverse parti del mondo (Norvegia, Germania, Francia, Belgio e Spagna). In Italia è stato tradotto per Fanucci nel 2004, con il titolo “L’innocenza di Sofie”, e poi da Feltrinelli nel 2012 con il titolo originale.

Di cosa viene accusata l’autrice Janne Teller? Di eccessivo pessimismo, di nichilismo che spinge al suicidio, di cattiveria, di gesti estremi e sadici.
La storia in sé è molto semplice. Voce narrante è una ragazzina di 14 anni che vive in Danimarca e la storia ha inizio con la “follia” di uno dei suoi compagni di classe: Pierre Anthon che da un giorno all’altro, non riuscendo a trovare un senso alla vita, decide di salire e rimanere sul ramo di un susino continuando ad urlare a tutti i suoi coetanei quanto inutile e insignificante sia la vita se l’unico scopo finale è in realtà la morte.

Lo si potrebbe tranquillamente ignorare, in fondo è solo un ragazzino che urla da un albero. Ma no, non va così. I compagni di classe si convincono di poter dimostrare a Pierre Anthon che ci sono un mucchio di cose che hanno un senso nella vita, un mucchio di cose che valgono, che hanno un valore, per cui vale la pena vivere.

Il problema è che quello che inizia come un apparente innocuo gioco tra ragazzi, finisce per diventare una delle più macabre storie di sempre. Se all’inizio, con lo scopo di convincere Pierre Anthon a scendere dall’albero e comprendere che ci sono tantissime cose che hanno un senso, si sacrificano piccoli beni materiali a cui i ragazzi sono particolarmente legati; andando avanti con la lettura, questi “sacrifici” diventano sempre più crudeli, inquietanti, raccapriccianti.

Mentirei se dicessi che non ho provato nulla leggendo questo libro perché poche volte sono rimasta così perplessa e sconvolta. Più volte mi sono chiesta: ma cosa vuole comunicare questa autrice? Vuole solo portare alla luce quanto gli esseri umani possano diventare cattivi pur di non arrendersi? Qual è il messaggio che vuole lanciare con questa storia così crudele?
Non ho trovato una risposta a queste domande, so solo che la lettura di questo libro mi ha dato tanto a cui pensare. Motivo per cui vi dico che secondo me, se amate le storie forti e non proprio sane di mente, dovete assolutamente fare quest’esperienza di lettura.

Assolutamente da NON far leggere ai lettori troppo giovani, potrebbero non essere pronti ad una storia del genere.

“E se non facesse male, non avrebbe nemmeno significato”

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