Recensione “Canta, spirito, canta” di Jesmyn Ward

Ad un anno dall’uscita del primo volume della trilogia Bois Sauvage, Jesmyn Ward torna in libreria con il secondo capitolo della serie: “Canta, spirito, canta” ed io sono felice di aver avuto l’occasione di leggerlo.

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Jojo ha tredici anni, e cerca di capire cosa vuol dire diventare un uomo. Vive con la madre Leonie, la sorellina Kayla e il nonno Pop, che si prende cura di loro e della nonna Mam, in fin di vita. Leonie è una presenza incostante nella vita della sua famiglia. È una donna in perenne conflitto con gli altri e con se stessa, vorrebbe essere una madre migliore ma non riesce a mettere i figli al di sopra dei suoi bisogni. Quando Michael, il padre di Jojo e Kayla, esce di prigione, Leonie parte con i figli per andarlo a prendere. E così Jojo deve staccarsi dai nonni, dalla loro presenza sicura e dai loro racconti, che parlano di una natura animata di spiriti e di un passato di sangue. E mentre Mam si spegne, gli spiriti attendono, aggrappati alla promessa di una pace che solo la famiglia riunita può dare. Dopo “Salvare le ossa”, Jesmyn Ward torna nel suo Mississippi, una terra in cui il legame con le origini, i vincoli di sangue e la natura sono fatti di amore e violenza, colpa e speranza, umanità e riscatto.

Recensione “Canta, spirito, canta” di Jesmyn Ward

Ci sono i libri che ti tengono compagnia e quelli che avresti preferito non leggere mai, ci sono i libri che ti fanno crescere e quelli che ti fanno sorridere.
E poi, ci sono i libri che ti si attaccano addosso come una seconda pelle e in silenzio stravolgono tutto ciò che hai dentro.

Circa un anno fa, è con queste parole che introducevo “Salvare le ossa”, primo volume della trilogia Bois Sauvage, perché lo stile e la storia raccontata da Jesmyn Ward mi si era aggrappata addosso, mi aveva travolta come l’uragano che descriveva in quelle pagine. Ritrovarmi tra le mani il secondo volume della serie è stata un’emozione indescrivibile.

Ho ritrovato lo stesso stile crudo, asciutto, diretto di un’autrice che non fa sconti a nessuno. L’autrice che racconta storie difficili, dolorose, e lo fa come se fosse seduta davanti a te e ti stesse guardando dritto negli occhi impedendoti di indossare maschere, costringendoti ad abbassare le difese.

Anche in “Canta, spirito, canta” siamo in Mississippi ma questa volta non è la natura a far soffrire, non è un evento tragico come un uragano a distruggere. Sono i legami, le ingiustizie, le scelte sbagliate di alcune persone a portare a fondo anche il resto della famiglia. Leonie, madre tossicodipendente, vive con i figli Jojo e Kayla a casa dei genitori: Pop, la colonna portante della famiglia e Mam distrutta dalla malattia che avanza inesorabilmente.

Una famiglia come tante sembrerebbe, ma come ogni famiglia ha i suoi segreti, i suoi punti deboli, le sue abitudini.

A raccontare la storia di questa famiglia povera del Mississippi è Jojo, ragazzino di soli 13 anni costretto a prendersi cura anche della sorellina per riempire le assenze di una madre troppo impegnata a sballarsi e a fare i conti con i fantasmi. Già i fantasmi! L’intero libro è infatti focalizzato sulla spiritualità e sui legami con le anime. Da brividi in alcuni punti ma non i brividi di terrore che si possono provare con una storia horror basata sui fantasmi, ma quei brividi che ti lasciano basita, elettrizzata, con più speranza nel cuore.

Per quanto questo volume della trilogia mi sia piaciuto leggermente meno rispetto a “Salvare le ossa”, ho sentito le fievoli voci delle anime che popolano le pagine di “Canta, spirito, canta” urlarmi dentro. Perché non importa quale sia la storia raccontata, ciò che conta è come Jesmyn Ward riesce a farlo. Anche questa volta ripeto: ci sono libri che ti si attaccano addosso come una seconda pelle e in silenzio stravolgono tutto ciò che hai dentro.

Se vi va di leggere la mia recensione del primo volume della trilogia di Bois Sauvage potete trovarla qui: RECENSIONE “SALVARE LE OSSA”

 

recensione salvare le ossa di jesmyn ward

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